Come vuoi che la chiami questa emozione
che sposta immediatamente l’attenzione da me a te
se corrughi la fronte in una smorfia di dolore ,
pur piccola e invisibile agli altri,
e in un istante non esistono più malanni
che ci tormentano le ore.
Come la chiami questa emozione
che rende il nostro cuore zucchero filato
quando un bambino sorride,
o lo vediamo dormire beato,
quando un cucciolo di uomo corre intorno
traboccante di luce
e sentiamo daremmo tutti noi stessi
perché niente mai veli il suo sguardo.
Come la chiami questa emozione
che ci fa sedere accanto a chi è a terra,
a sorreggere chi porta sulle spalle il peso degli anni,
a sussurrare canzoni a chi ha perso la memoria
perché abbia sempre la sua dignità.
Come vuoi che la chiami questa emozione
che ci fa respirare con le albe i colori,
con il mare l’immenso
e con il vento il peregrinare del tempo che torna.
Vuoi che non usi questa parola, così cara a tanti
perché non sembri così piccola e scontata,
così poco intellettuale e tormentata?
Dimmi tu, come chiameresti ciò che ci incatena alla vita
e ci rende liberi,
un volo oltre i confini delle parole?
Sono qui, e aspetto paziente
che il mondo partorisca un nuovo lemma.
Intanto ogni giorno è vita
che nasce nell’innominato verbo.
© Maria Letizia Del Zompo
Non importa come chiamiamo l’amore. Esso esiste comunque, nelle sue straordinarie forme, si esprime nei gesti, nell’attenzione che portiamo all’altro, nella cura che mettiamo nelle cose. Così possiamo riconoscere il vero amore, sentirlo nell’anima senza aver bisogno di pronunciare il suo nome.
(Maria Letizia Del Zompo)
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