Non sapeva come spiegarlo.
Dopo lunghe ed estenuanti battaglie, tutto si era quasi improvvisamente acquietato. In lei si era fatta spazio una serenità così profonda che le sembrava fosse abitata da un’azzurra vastità, un’infinita distesa acquamarina. Un’incommensurabile pace fatta di fiducia, una morbida gioia come un filare lento, un tessere paziente di reti.
Ciò che aveva conquistato, era un sapere che nessuno poteva più toglierle: era un essere in se stessi per ritrovare completamente l’altro, il sorriso, la gioia, la tenerezza da donare a piene mani. Aveva una gran voglia di darsi, di accarezzare, di amare dolcemente in punta di piedi, di ringraziare la notte per il sonno e le veglie, il giorno per la quiete e gli affanni, le persone per gli arrivi e gli addii.
Era semplicemente gratitudine per l’aver resistito, combattuto e l’essere approdata infine su una spiaggia di sabbia calda e fina.
Chiuse gli occhi e vide lui, la propria vita, tutte le persone che avrebbe incontrato e accolto, vedeva il mare, le colline, i prati, avvertiva il vento, ascoltava il crepitio del fuoco.
Era fiducia la sua, una fiducia che si ramificava in tutto come un respiro.
Rimase a occhi chiusi e benedì quel giorno.
Ne avrebbe fatto tesoro per gli altri giorni, quelli che avrebbero visto giungere nuovamente le maree. Perché, sicuramente, sarebbero arrivati di nuovo il vento e le correnti.
Ma ora aveva una barca e una vela, un’ancora e un’insenatura, una canna da pesca e una rete, un cappello e un ventaglio, uno scacciapensieri e una cetra, un rifugio e un giaciglio. Aveva tutto ciò che le serviva per stare lontana dalle correnti, per domarle o cavalcarle, per giocare con esse o semplicemente per ammirarle e farne ispirazione di sogni.
Rimase lì ad aspettare a occhi chiusi che il tempo tornasse.
Perché sarebbe tornato, come sempre, ma ora sapeva con certezza di potergli rubare ogni giorno un po’ d’eternità.
© Maria Letizia Del Zompo
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