Violenza sulle donne – Cinque poesie in ricordo di tutte le vittime di femminicidio, a sostegno di tutte le donne che subiscono violenza fisica, sessuale, psicologica. Perché non succeda mai più, perché non accada mai.
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POESIA SULLO STUPRO A MISSOULA — Marge Piercy
Non c’è differenza tra l’essere stuprata
e scaraventata giù da una rampa di scale
tranne che le ferite sanguinano anche dentro.
Non c’è differenza tra l’essere stuprata
ed essere investita da un camion
tranne che dopo gli uomini ti chiedono se ti è piaciuto.
Non c’è differenza tra l’essere stuprata
e perdere una mano in una falciatrice
se non che i dottori non vogliono essere coinvolti,
la polizia sfoggia un ghigno d’intesa
e nei piccoli centri diventi una puttana patentata.
Non c’è differenza tra l’essere stuprata
ed essere morsa da un serpente a sonagli
se non che la gente domanda se la tua gonna era corta
e perché tu comunque eri fuori.
Non c’è differenza tra l’essere stuprata
e andare a sbattere dritta contro il parabrezza
tranne il fatto che dopo tu non hai paura delle auto
ma di metà del genere umano.
Violenza sulle donne – Cinque poesie
La paura dello stupro è un vento freddo che soffia ininterrotto
sulla schiena incurvata di una donna.
Mai girare da sola in una strada sabbiosa
In mezzo a una pineta;
mai salire su un sentiero che attraversa una montagna brulla
senza quell’alluminio nella bocca
vedendo un uomo arrampicarmisi vicino.
Mai aprire la porta a chi bussa
senza un rasoio che escoria appena la gola.
La paura del lato in ombra delle siepi,
del sedile posteriore dell’auto,
della casa vuota che fa tintinnare le chiavi
come un avvertimento di serpente.
La paura dell’uomo che sorride
con un coltello nella tasca.
La paura dell’uomo contegnoso
nel cui pugno c’è astio sottochiave.
Marge Piercy
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Violenza sulle donne – Cinque poesie
CANTO DELLE DONNE — Alda Merini
Io canto le donne prevaricate dai bruti
la loro sana bellezza, la loro “non follia”
il canto di Giulia io canto riversa su un letto
la cantilena dei salmi, delle anime “mangiate”
il canto di Giulia aperto portava anime pesanti
la folgore di un codice umano disapprovato da Dio.
Canto quei pugni orrendi dati sui bianchi cristalli
il livido delle cosce, pugni in età adolescente
la pudicizia del grembo nudato per bramosia.
Canto la stalla ignuda entro cui è nato il “delitto”
la sfera di cristallo per una bocca “magata”.
Canto il seno di Bianca ormai reso vizzo dall’uomo
canto le sue gambe esigue divaricate sul letto
simile ad un corpo d’uomo era il suo corpo salino
ma gravido d’amore come in qualsiasi donna.
Canto Vita Bello che veniva aggredita dai bruti
buttata su un letticciolo, battuta con ferri pesanti
e tempeste d’insulti, io canto la sua non stagione
di donna vissuta all’ombra di questo grande sinistro
la sua patita misura, il caldo del suo grembo schiuso
canto la sua deflorazione su un letto di psichiatra,
canto il giovane imberbe che mi voleva salvare.
Canto i pungoli rostri di quegli spettrali infermieri
dove la mano dell’uomo fatta villosa e canina
sfiorava impunita le gote di delicate fanciulle
e le velate grazie toccate da mani villane.
Violenza sulle donne – Cinque poesie
Canto l’assurda violenza dell’ospedale del mare
dove la psichiatria giaceva in ceppi battuti
di tribunali di sogno, di tribunali sospetti.
Canto il sinistro ordine che ci imbrigliava la lingua
e un faro di marina che non conduceva al porto.
Canto il letto aderente che aveva lenzuola di garza
e il simbolo-dottore perennemente offeso
e il naso camuso e violento degli infermieri bastardi.
Canto la malagrazia del vento traverso una sbarra
canto la mia dimensione di donna strappata al suo unico amore
che impazzisce su un letto di verde fogliame di ortiche
canto la soluzione del tutto traverso un’unica strada
io canto il miserere di una straziante avventura
dove la mano scudiscio cercava gli inguini dolci.
Io canto l’impudicizia di quegli uomini rotti
alla lussuria del vento che violentava le donne.
Io canto i mille coltelli sul grembo di Vita Bello
calati da oscuri tendoni alla mercé di Caino
e canto il mio dolore d’esser fuggita al dolore
per la menzogna di vita
per via della poesia.
Alda Merini
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Violenza sulle donne – Cinque poesie
IL MIO PRIMO TRAFUGAMENTO DI MADRE – Alda Merini
Il mio primo trafugamento di madre
avvenne in una notte d’estate
quando un pazzo mi prese
mi adagiò sopra l’erba
e mi fece concepire un figlio.
O mai la luna gridò così tanto
contro le stelle offese,
e mai gridarono tanto i miei visceri,
né il Signore volse mai il capo all’indietro,
come in quell’istante preciso
vedendo la mia verginità di madre
offesa dentro a un ludibrio.
Il mio primo trafugamento di donna
avvenne in un angolo oscuro
sotto il calore impetuoso del sesso,
ma nacque una bimba gentile
con un sorriso dolcissimo
e tutto fu perdonato.
Ma io non perdonerò mai
e quel bimbo mi fu tolto dal grembo
e affidato a mani più « sante »,
ma fui io ad essere oltraggiata,
io che salii sopra i cieli
per avere concepito una genesi.
Alda Merini
(da “La Terra Santa” – 1984)
Alda Merini
(da “La Terra Santa” – 1984)
Violenza sulle donne – Cinque poesie
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IN RICORDO DI REYHNAEH JABBARI – Maria Letizia Del Zompo
Hai preferito andartene spiegando le tue ali bianche
anziché sporcare la tua dignità,
svilire la tua bellezza,
rinnegare la tua libertà,
quella che nasce dal coraggio del Vero.
Pugnalasti per difenderti
e ti hanno impiccata
perché certe leggi sono fatte da uomini
che non sopportano donne consapevoli e fiere.
Eri colpevole di essere donna,
giovane, moderna, gentile, forte e bella.
Al processo non hai pianto,
non ti sei disperata,
non hai chiesto perdono.
Avresti potuto salvarti
rinnegando ciò che ti era successo.
Hai preferito morire e donare i tuoi occhi,
il tuo cuore, la tua pelle
a che non diventino polvere,
ma continuino a celebrare vita.
Quante e quanti
avrebbero avuto il tuo coraggio,
il coraggio della vera bellezza
in un mondo che troppo spesso la ignora,
il coraggio della verità
in un mondo che in ogni istante la calpesta,
il coraggio della responsabilità.
Perché chi non si piega alla menzogna
restituisce al mondo intero dignità
e chi muore ingiustamente
per mano di un simile,
preservando il candore della sua anima,
dona luce al mondo intero.
©Maria Letizia Del Zompo
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Violenza sulle donne – Cinque poesie
IN RICORDO DI FRANCESCA – Maria Letizia Del Zompo
Francesca era così viva, racconta la madre
portava luce nella loro casa.
Lui, il carnefice, balbetta,
è timido e chiuso.
Aveva contattato Francesca sotto falso nome,
in Internet.
Poi l’ha sposata.
Voleva averla, lui, maschio
voleva sentirsi vivo e l’ha ammazzata
perché la luce splende per tutti
e lui voleva averla solo per sé.
L’aveva trucidata e li guardava negli occhi:
la madre, il padre, la cugina di lei,
beveva con loro il caffè
li rassicurava, dava interviste.
L’ha fatta a pezzi,
nove,
e messa nei sacchi dell’immondizia.
Lei voleva lasciarlo
per gli occhi gonfi e neri, le bugie,
la predilezione di lui per i bambini nudi.
L’ha assassinata di notte
colpendola alle spalle con una spranga.
Ha aspettato il giorno
per non destare sospetti a causa del rumore,
ha rivestito pavimento e pareti
con i sacchi neri dei rifiuti
per non sporcare.
L’ha distesa sul pavimento
e l’ha tagliata con una Flex
in porzioni adeguate da asportare.
Ha aspettato di nuovo,
questa volta la notte
per non destare sospetti
mentre la caricava in macchina,
nove sacchi.
L’ha seppellita nel terreno polveroso
della campagna di suo padre.
Il cane abbaiava.
Ha ammazzato una gatta
e ha fatto a pezzi anche lei
per dare un alibi al possibile cattivo odore.
Ha bruciato la spranga, la Flex, i vestiti sporchi
di sangue,
ha depistato la polizia,
ha bevuto il caffè con i familiari di lei
e li ha guardati negli occhi.
È stato un incidente
dice lui.
Gli hanno dato 18 anni.
©Maria Letizia Del Zompo
Dal libro “Passi. Versi di un incontro” (Nulla die 2017)
Violenza sulle donne – Cinque poesie
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