Quella finestra sempre aperta
su un cortile
una piscina
un cespuglio d’ibisco,
sull’Etna dissolto nella nebbia,
su un albero,
quell’enorme albero
al centro
che inghiottiva l’orizzonte
e nascondeva dietro di sé finestre
e vite.
Quelle due nostre notti,
la luna sfocata
le stelle pallide
l’odore di pioggia
il canto del gallo
le tue sigarette
sul bordo del letto.
Io dietro di te,
al tuo fianco
davanti a te,
accavallata
intrecciata
aggomitolata.
Le mie mani che ti correvano dappertutto,
le mie labbra
sulla tua pelle,
i nostri baci,
le nostre poche parole.
Ci respirammo l’anima
in quelle ore come giorni,
in quelle due notti come anni,
in quel tempo senza lancette,
in quello spazio consumato
dai nostri abbracci,
in quel silenzio denso.
E poi il tormento,
il mio pianto
i nostri sorrisi
la gioia,
il custodirsi
il tenersi
l’intrecciarsi,
il vegliarsi
il navigarsi negli occhi
il traghettarsi dentro.
Il tuo non era ancora amore
dicesti tra le righe,
il mio lo era,
pensai.
Cosa importa come ci definimmo,
fummo.
Fummo ore come giorni
giorni come anni,
un atto senza tempo
senza spazio
scarno di parole.
Fummo un sogno,
una promessa,
una anomalia dell’esistenza,
una acrobazia del tempo,
un volo,
un azzardo?
Comunque fummo,
qualcosa
che ci è rimasto
eternamente inciso
dentro.
– Maria Letizia Del Zompo –
Dal libro → “Rubo parole al cielo” (Nulla die 2019)
Altre poesie della raccolta → QUI
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