C’era una volta una casa
che pensavo mi appartenesse
avendola eretta con cemento e fil di ferro
con mattoni e calce.
E l’avevo lasciata lì
concedendole solo
le mie brevi pause pomeridiane
e le lunghe notti insonni.
Un giorno
decisi di andarmene altrove.
Mi avevano annoiato le sue pareti
sempre uguali
e i suoi soffitti cupi e taciturni.
La vendetti a chi la volle
pensando di farmi un piacere.
Tornai e scoprii l’incanto.
Sembrava esser rimasta uguale
con le sua mura bianche e di poche parole
ma una volta entrata
mi salutarono il cielo e il verde degli alberi
i colori dell’estate mi danzavano attorno
celebrando i loro rituali di gioia.
Il soffitto di cemento mal intonacato
era scomparso
una cupola di vetro
aveva preso il suo posto.
Sentii una stretta al cuore.
Era bastato così poco
per fare della casa
che avevo svenduto per noia
la casa dei miei sogni.
Una casa che odorava ora
d’intonaco e limoni
di vernice e salsedine
visitata dai gabbiani a pranzo
dalle civette la sera
che seguiva il corso delle nuvole
ne studiava le rotte
e dava rifugio al vento.
E rimasi lì
impietrita dal dolore
e dalla vergogna di non aver saputo
amare la mia casa abbastanza
da poterle dare
un nuovo volto.
Testo
Maria Letizia Del Zompo
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